Blog Le inversioni della curva dei rendimenti segnalano cautela anziché recessione L’analisi della curva dei rendimenti può condurre a una varietà di conclusioni riguardo all’arrivo o meno di una recessione, questo sottolinea l’importanza della flessibilità.
Nelle fasi finali del ciclo economico gli investitori prestano attenzione alla curva dei rendimenti dei Treasury americani, un indicatore del mercato obbligazionario che è considerato anticipatore delle prospettive economiche. La curva è un grafico che mostra il rapporto fra i rendimenti dei titoli di Stato e le scadenze. Di solito ha un’inclinazione verso l’alto, da sinistra verso destra, che indica che gli investitori richiedono una maggiore remunerazione per detenere obbligazioni con scadenza più lunga a fronte del rischio di surriscaldamento della crescita economica o dell’inflazione nel tempo. Quando i rendimenti sulle scadenze a breve superano quelli sulle scadenze più lunghe, la curva si inverte. Storicamente l’inversione della curva ha anticipato una recessione. Ultimamente sono comparse delle inversioni fra vari punti lungo la curva e questo ha indotto gli investitori a chiedersi se siano presagio di una recessione. È una domanda complicata nell’attuale ciclo economico che ha visto una flessione repentina nel 2020 e un rapido rimbalzo alimentato da uno stimolo senza precedenti da parte delle banche centrali. La Federal Reserve ha cominciato a ritirare quello stimolo a marzo con il primo di diversi rialzi attesi dei tassi per domare l’inflazione. Si prevede che la Fed cominci anche a ridurre il suo programma di acquisti di titoli quest’anno. Un’inversione della curva dei rendimenti non va mai ignorata solo perché il contesto è mutato. Ciò detto, il segnale inviato dalla curva potrebbe essere meno chiaro che in passato. L’appiattimento della curva spesso si verifica in fase più avanzata del ciclo economico quando le banche centrali alzano i tassi ufficiali di breve termine per rallentare la crescita e frenare l’inflazione. I rendimenti sulle scadenze brevi possono aumentare per riflettere questi rialzi mentre quelli sulle scadenze lunghe possono scendere a fronte di aspettative di moderazione dell’inflazione e della crescita. Questa volta l’appiattimento si è verificato rapidamente e ben prima del primo aumento dei tassi da parte della Fed. L’inflazione potrebbe continuare a superare le aspettative e questo potrebbe spingere la banca centrale americana ad accelerare il ritmo dei rialzi. A nostro avviso gli indicatori per le scadenze più lunghe come la curva dei Treasury a due anni/10 anni e quella a cinque anni/30 anni possono essere più preziosi rispetto alla curva per le scadenze a tre mesi/10 anni a cui generalmente si guarda. La ragione di questo è che la Fed ha già esposto le sue proiezioni di rialzo dei tassi nelle previsioni del “dot plot” e guardare i tassi di mercato sull’orizzonte di breve termine potrebbe fornire meno informazioni rispetto al concentrarsi su quanto la Fed sta dicendo che farà. La curva più importante da seguire probabilmente è la curva a termine, un indicatore di mercato che incorpora i tassi esistenti o spot e i tassi impliciti futuri. Ad esempio, nel confrontare un’obbligazione con scadenza a un anno e una a due anni la curva a termine riflette il tasso d’interesse atteso fra un anno da oggi. Nel contemplare il tasso composto di rendimento necessario per differenziare fra qualsiasi due punti sulla curva dei rendimenti, la curva a termine utilizza tutte le informazioni note e può essere più rilevante di una curva spot, che non ingloba le variazioni attese per i tassi a breve termine. La curva a termine al momento è nettamente invertita. Vuol dire che una recessione è imminente? No, ma è un rischio da tenere d’occhio. A livello globale l’economia e le autorità sono alle prese con uno shock sul lato dell’offerta che è negativo per la crescita e tenderà a spingere l’inflazione ulteriormente al rialzo. La maggior parte delle banche centrali appare determinata a dare priorità alla lotta all’inflazione rispetto al sostegno alla crescita. Questo accresce il rischio di un atterraggio difficile più avanti. PIMCO prevede una crescita superiore al tendenziale e una graduale moderazione delle pressioni inflazionistiche dai livelli di picco per le economie sviluppate. Tuttavia sono cresciuti i rischi di inflazione più elevata e di crescita più rallentata, unitamente al rischio di recessione nel 2023 (per maggiori informazioni, leggi le ultime Prospettive Cicliche di PIMCO “Anti-Goldilocks”). L’attuale forma della curva dei rendimenti evidenzia i motivi per cui gli investitori debbono essere flessibili. La semplice matematica obbligazionaria – che considera prezzo, rendimento e tasso di reinvestimento – indica che gli investitori non stanno cogliendo abbastanza extra rendimento comprando oggi Treasury a lunga scadenza. Ai livelli recenti, non solo un Treasury a due anni offre un rendimento simile a un titolo trentennale ma offre anche l’opportunità di prendere una decisione di reinvestimento tra due anni anziché doverne aspettare altri 28. Avendo questo ben presente, PIMCO ha un lieve sottopeso di duration, ossia di rischio di tasso d’interesse, in larga misura nel tratto a lunga scadenza della curva. Se l’inflazione restasse persistente sarebbero i titoli trentennali i più penalizzati. Inoltre, con il passaggio della Fed dagli acquisti (quantitative easing) alle vendite di titoli (quantitative tightening) potrebbero allentarsi alcuni fattori che hanno soppresso il premio a termine ossia la differenza fra i rendimenti sulle lunghe e sulle brevi scadenze. Noi ravvisiamo potenziali opportunità sulle scadenze più brevi, a 2-5 anni. Siamo ormai in fase ben avanzata del ciclo economico e sebbene la crescita goda ancora di slancio robusto è tuttavia sempre più vulnerabile al rischio di ribasso. Tenderemo a porre enfasi sul disporre di liquidità da impiegare per trarre benefici dalle dislocazioni che si presenteranno sui mercati. Marc Seidner è CIO per le Strategie non tradizionali
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