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Attivi reali: rafforzamento dei portafogli in caso di inflazione persistente

Aggiungere attivi reali in un portafoglio che comprende azionario e obbligazionario può aiutare a incrementare i rendimenti e attenuare la volatilità quando l’inflazione è superiore al 2%.

Le banche centrali dei mercati sviluppati verosimilmente sono giunte al termine dei loro cicli di rialzi dei tassi, tuttavia un atterraggio morbido è tutt'altro che assicurato. Guardando al futuro, si profilano due scenari alternativi possibili: uno nel quale l’inflazione resta al di sopra dell’obiettivo delle banche centrali mentre la crescita rallenta sino alla recessione, e l’altro, potenzialmente più pericoloso, in cui l’inflazione si riaccende. A fronte dell’incertezza sull’evoluzione, crediamo sia cruciale costruire portafogli capaci di registrare valida performance in una gamma di possibili scenari di inflazione, portafogli che potrebbero includere un’allocazione in attivi reali.

A tal riguardo, vale la pena esaminare come l’aggiunta di attivi reali, che tendono ad apprezzarsi con l’inflazione, possa contribuire a migliorare la resilienza dei portafogli. La nostra analisi parte da un ipotetico portafoglio composto per il 50% da azionario e per il 50% da obbligazionario, a cui aggiungere un mix di attivi reali: obbligazioni del Tesoro indicizzate all’inflazione o TIPS (10%), un’ampia esposizione alle materie prime (5%) e una allocazione in oro (2%).

Andando a misurare il miglioramento conferito al portafoglio dalle proprietà di copertura dall’inflazione degli attivi reali, sulla base dell’aumento del beta di inflazione (definito come la sensibilità del rendimento di un attivo a sorprese sul fronte dell’inflazione), si riscontra che il portafoglio iniziale composto solo da azionario e obbligazionario presenta un beta di inflazione pari a -2,1 mentre il nuovo portafoglio con attivi reali risulta con un beta di inflazione di -1,3. Ciò significa che la sensibilità negativa all’inflazione è stata ridotta in modo significativo con l’allocazione in attivi reali.

Non sorprende che nel recente aumento dell’inflazione nel triennio terminato il 31 dicembre 2023, il nuovo portafoglio ipotetico con attivi reali mostri una performance superiore di 62 punti base rispetto al portafoglio iniziale 50/50, nonché minore volatilità.

È tuttavia meno noto che i benefici degli attivi reali non hanno bisogno che l’inflazione si impenni per esplicarsi. Un portafoglio con copertura dall’inflazione è generalmente vantaggioso anche in periodi di inflazione più moderata, in cui l’inflazione è pari o superiore all'obiettivo del 2% della Federal Reserve (Fed), come ci aspettiamo avvenga quest’anno.

Attivi reali, una copertura dall’inflazione

In effetti, nel decennio che ha preceduto la crisi finanziaria globale non è stato infrequente che l’indice dei prezzi al consumo (CPI) abbia superato il 2%. In quel decennio, dal 28 febbraio 1998, i dati indicano in media un aumento dell’1,20% dei rendimenti di portafoglio annualizzati nonché un significativo miglioramento dei rendimenti corretti per il rischio per il portafoglio con un’allocazione a un paniere di TIPS, oro e ampia esposizione alle materie prime (cfr. Figura 1). La copertura dall’inflazione si è dimostrata preziosa con l'aumento delle aspettative d’inflazione seguito da un effettivo incremento dell’inflazione e dall'attuazione di una politica monetaria restrittiva da parte della banca centrale. Durante quel periodo, i prezzi delle azioni e delle obbligazioni nominali hanno manifestato correlazione positiva, scendendo all’unisono, mentre gli attivi reali si sono apprezzati, fornendo una preziosa diversificazione.

La Figura 1 è un grafico a barre che mostra il contributo degli attivi reali al rendimento corretto per il rischio di un portafoglio 50% azionario/50% obbligazionario rispetto all'inflazione dei prezzi al consumo (CPI) media triennale dal 2001 al 2023. Le barre indicano che un'allocazione in TIPS, oro e ampie materie prime aumenta l'indice di Sharpe a tre anni del portafoglio quando l'inflazione supera il 2%, come è avvenuto nel decennio che ha preceduto la crisi finanziaria globale e oltre, così come più recentemente, nel 2022 e nel 2023. La fonte è Bloomberg al 31 dicembre 2023. A scopo puramente illustrativo. La Figura non è indicativa di risultati passati o futuri di alcun prodotto o strategia PIMCO. Non vi è alcuna garanzia di conseguimento dei risultati indicati. Misurato dallo Sharpe ratio (o indice di Sharpe), calcolato sottraendo il tasso privo di rischio del buono del Tesoro americano a breve (T-bill) dal rendimento nominale del portafoglio e dividendo per la deviazione standard che misura la volatilità del rendimento del portafoglio. Azioni rappresentate dall’indice S&P 500, obbligazioni dal Bloomberg U.S. Aggregate Index, TIPS dal Bloomberg U.S. TIPS Index, materie prime dal Bloomberg Commodity Index Total Return, e oro dal Bloomberg Gold Subindex Total Return Index. I T-bill sono rappresentati dal FTSE 3-month T-bill index.

L’inflazione tornerà ai minimi pre-COVID?

Ci aspettiamo che l’inflazione cali nel corso del 2024, portandosi in un range del 2%-3% nei mercati sviluppati, ma riteniamo improbabile che ritorni ai livelli storicamente molto bassi del decennio che ha preceduto la pandemia quando si era ostinatamente attestata su valori inferiori al 2% (per maggiori informazioni si rimanda alle ultime Prospettive CiclicheGestire la discesa”). Diversi fattori potrebbero esercitare pressioni al rialzo sull’inflazione nei prossimi cinque anni.

Innanzitutto, in risposta ai colli di bottiglia manifestatisi durante la pandemia, i paesi stanno avvicinando le filiere produttive al territorio nazionale per assicurarsi una maggiore affidabilità degli approvvigionamenti. Nel contesto disinflazionistico degli ultimi 25 anni ha prevalso la tendenza alla globalizzazione e l’inversione di rotta rispetto a questo trend potrebbe esercitare una spinta al rialzo per l’inflazione.

Parimenti, le tensioni con la Cina sono previste aumentare le frizioni sul fronte degli scambi commerciali e di conseguenza anche il costo dei beni consumati negli Stati Uniti. Le tensioni e i conflitti sul fronte geopolitico a livello globale, tra cui in Ucraina, a Gaza e nel Mar Rosso, rappresentano tutte un rischio sul versante dell’inflazione.

Infine, riteniamo che nei prossimi anni le banche centrali dei paesi sviluppati che hanno un obiettivo di inflazione del 2% saranno propense a tollerare un’inflazione del ‘2 virgola qualcosa” nell’ambito della loro strategia, in quanto si aspettano che la riduzione della domanda in una futura recessione riporterà l’inflazione sul target. (Per maggiori informazioni si rimanda al nostro ultimo Secular Outlook “The Aftershock Economy”).

I TIPS appaiono sottovalutati

Le valutazioni dei TIPS appaiono allettanti a fronte di generosi rendimenti reali (rendimenti nominali meno il tasso di inflazione atteso) e delle aspettative di inflazione del mercato che, a nostro avviso, sono irrealisticamente basse.

I rendimenti reali sono saliti ai livelli più alti dal 2009. Dopo un lungo periodo in cui sono stati bassi o persino negativi, rendimenti reali vicini al 2% appaiono interessanti, soprattutto considerato che verosimilmente nei mesi a venire il contesto di politica monetaria restrittiva cederà il passo all’avvio dei tagli dei tassi da parte della Fed e che una riduzione verso il tasso neutrale alla fine sarà opportuna.

Gran parte delle metriche indicano che le aspettative di inflazione restano inferiori all’obiettivo delle banche centrali dei mercati sviluppati (cfr. Figura 2) e il tasso che queste aspettative esprimono, riflesso nei prezzi dei TIPS, può essere considerato come il tasso da superare per ottenere performance dei TIPS superiori a quelle delle obbligazioni nominali. Alla luce dei rischi strutturali che ravvisiamo rispetto a rialzi dell’inflazione, il mercato sembra sottovalutare la protezione dall’inflazione che da questi attivi possono conferire a un portafoglio, sia nell’eventualità di shock inattesi che in quelli che potrebbero benissimo essere tempi futuri di normalità.

La Figura 2 è un grafico lineare che mostra le aspettative di inflazione di pareggio a cinque anni su un orizzonte quinquennale (5y5y) rispetto al tasso target delle banche centrali dei mercati sviluppati per l'indice dei prezzi al consumo (CPI) del 2,3% dal 2001 al 2023. L'inflazione di pareggio è rimasta al di sopra dell'obiettivo CPI del 2,3% per gran parte del periodo dal 2001 al 2014, scendendo fino all'1,33% durante la crisi finanziaria globale nel novembre 2008 prima di rimbalzare. Le aspettative di inflazione di pareggio 5y5y sono scese al di sotto del 2,3% dalla fine del 2014 al primo trimestre del 2021 e da allora hanno oscillato intorno alla linea del 2,3%, chiudendo il 2023 al 2,14%. Le fonti sono PIMCO e la Federal Reserve statunitense al 31 dicembre 2023.

Conclusioni

I rendimenti storici evidenziano l’importanza della costruzione del portafoglio, sottolineando la necessità di includere attivi con proprietà di copertura dall’inflazione nelle asset allocation tradizionali. La nostra analisi indica che i benefici in termini di rendimento e di volatilità del portafoglio ipotetico si ottengono sempre se l’allocazione in attivi reali viene ridotta sino al 5% o aumentata sino al 30%. Con i TIPS vicini alle valutazioni più interessanti degli ultimi 15 anni e le materie prime sostenute da fattori geopolitici e limitazioni sul lato dell’offerta, gli investitori potrebbero potenzialmente trarre benefici dall'inclusione di attivi reali in portafoglio.


1 Azioni rappresentate dall’indice S&P 500, obbligazioni dal Bloomberg U.S. Aggregate Index, TIPS dal Bloomberg U.S. TIPS Index, materie prime dal Bloomberg Commodity Index Total Return, e oro dal Bloomberg Gold Subindex Total Return Index. Per l’allocazione in TIPS si è attinto alla quota obbligazionaria; per le allocazioni in materie prime e oro, si è attinto sia alla quota azionaria che a quella obbligazionaria, su base proporzionale.

2 Per questo scenario ipotetico, abbiamo selezionato un rapporto allocativo di base 50/50 per l’azionario e l’obbligazionario (ossia 50% S&P 500 e 50% Bloomberg U.S. Aggregate Index). A fini illustrativi, questa selezione è una via di mezzo fra il rapporto 60% azionario/40% obbligazionario tipico di molti portafogli americani e il rapporto 40% azionario/60% obbligazionario più comune in Europa.
L’allocazione scelta è ipotetica ma l’analisi è stata condotta per una gamma di pesi per gli attivi reali e indica che quando si aggiunge un’allocazione in attivi reali in una percentuale compresa tra il 5% e 30% al portafoglio iniziale 50/50 (attingendo alle rispettive quote come descritto nella nota 1) si possono conseguire benefici in termini di rendimento e di volatilità del portafoglio.

3 Nel periodo dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2023.

4 Misurati dallo Sharpe ratio (o indice di Sharpe), calcolato sottraendo il tasso privo di rischio del buono del Tesoro americano a breve (T-bill) dal rendimento nominale del portafoglio e dividendo per la deviazione standard, che misura la volatilità del rendimento del portafoglio. Ai fini di questo blog abbiamo usato il FTSE 3-Month T-Bill Index.
A cura di

Greg E. Sharenow

Gestore, attivi reali

Steve A. Rodosky

Gestore

Lorenzo Pagani

Gestore

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Il beta dell'inflazione è una metrica della capacità di un attivo di fornire copertura rispetto all'inflazione. Misura come varia il rendimento di un attivo su un determinato periodo a fronte di una variazione dell'inflazione. Ad esempio, un beta dell'inflazione pari a 3 indica che il rendimento dell'attivo aumenterebbe del 3% in caso di un aumento dell'1% dell'inflazione. L'indice di Sharpe misura la performance corretta per il rischio. Il tasso privo di rischio viene sottratto dal tasso di rendimento del portafoglio e il risultato viene diviso per la deviazione standard dei rendimenti del portafoglio.

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