Blog La BCE privilegia la lotta all'inflazione rispetto al contrasto alla recessione La Banca centrale europea è probabilmente al punto massimo del ciclo di rialzi o vi è molto vicino, ma non ci aspettiamo riduzioni dei tassi nel breve periodo.
Con l’aumento del tasso sui depositi di un quarto di punto percentuale a settembre, la Banca centrale europea (BCE) ha segnalato la sua determinazione a conseguire la stabilità dei prezzi. Sebbene questo rialzo potrebbe non essere l’ultimo, l’attenzione adesso si è spostata su quanto a lungo i tassi resteranno al livello massimo. Noi non crediamo che la BCE comincerà a ridurli così presto come si aspetta il mercato. C’è incertezza sull’evoluzione dell’inflazione. Benché nell’Area Euro la crescita economica si sia decisamente indebolita, il mercato del lavoro si conferma robusto e l’inflazione di fondo appare persistente. Le nuove proiezioni degli esperti della BCE indicano una crescita sul breve termine notevolmente più fiacca di quanto fosse precedentemente atteso e un’inflazione ancora superiore all’obiettivo nel 2025, al 2,1%. L’inflazione nell’Eurozona, sia quella complessiva che quella di fondo, si è attestata al 5,3% ad agosto, secondo Eurostat. Sebbene l’inflazione complessiva si sia dimezzata rispetto al picco del 2022, le pressioni di fondo sui prezzi restano ostinatamente elevate, principalmente sulla spinta di fattori interni. Affinché l’inflazione si riporti sull’obiettivo del 2% della BCE potrebbe essere necessario ulteriore indebolimento del mercato del lavoro e dell’economia in generale. Sono cessati come previsto i reinvestimenti nell’ambito dell’Asset Purchase Program (APP) della BCE. La banca centrale persegue infatti il ritiro graduale della politica accomodante e potrebbe inoltre valutare una riduzione anticipata dei reinvestimenti per il programma varato per l’emergenza pandemica (PEPP), forse già quest’anno. A fronte di un elevato fabbisogno di emissioni, questo indebolisce il relativo quadro tecnico per i titoli di Stato e suggerisce un aumento dei premi a termine nel tempo. Implicazioni per gli investimenti: crediamo che gli interest rate swap europei dovrebbero continuare a sovraperformare le obbligazioni governative core e ci aspettiamo l’irripidimento delle curve dei tassi di interesse. Tassi di interesse: crescita economica debole e mercato del lavoro resiliente Benché la BCE abbia dichiarato di aspettarsi che gli attuali tassi di riferimento forniranno un contributo sostanziale al ritorno dell’inflazione sull’obiettivo, ha sottolineato che continuerà a seguire un approccio basato sui dati ad ogni riunione, fondando le proprie decisioni sulla periodica valutazione delle prospettive d’inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria. Immediatamente dopo l’incremento di un quarto di punto percentuale operato dalla BCE che ha portato il tasso sui depositi al 4,0% lo scorso 14 settembre, i mercati scontavano circa 5 punti base di rialzi cumulativi dei tassi da parte della BCE alle riunioni successive e l’avvio della riduzione dei tassi nel primo trimestre del prossimo anno. Benché crediamo che il tasso terminale scontato attualmente dai mercati finanziari appaia ragionevole, restiamo scettici rispetto a tagli dei tassi così precoci da parte della BCE vista la dinamica di inflazione più persistente. Le prospettive di crescita sul breve termine dell’Area Euro si sono deteriorate in misura marcata. Il calo significativo dell’Indice dei responsabili degli acquisti (PMI) per l’Eurozona segnala che l’economia è sull’orlo di una lieve recessione. Il PMI composito è sceso a 46,7 ad agosto, il che storicamente è in linea con una modesta contrazione del PIL intorno all’1% annualizzato. Sebbene altri indici di attività per i servizi mostrino un indebolimento più moderato e i dati registrati si confermino più resilienti, il notevole raffreddamento riflesso nel dato dei servizi segnala fiacchezza per la crescita futura. Le proiezioni di settembre della BCE stimano la crescita su base annua delle retribuzioni al 3,8% nel 2025, in discesa rispetto al picco del 5,3% nel 2023, tuttavia ben al di sopra della media di lungo periodo pari al 2,1%. Il tasso di disoccupazione nell’Area Euro si è attestato al minimo storico di 6,4% a luglio, secondo Eurostat. Pur restando robusto, anche il mercato del lavoro comincia a mostrare i primi segni di cedimento in quanto la crescita dell’occupazione ha rallentato e gli indicatori prospettici segnalano ulteriore moderazione per il futuro. Inoltre, alcuni indicatori mostrano che le pressioni sui salari hanno cominciato ad allentarsi con il calo dell’inflazione complessiva. È probabile che occorra un maggiore indebolimento per riportare l’inflazione sull’obiettivo. Bilancio della BCE: nessun cambiamento a settembre, ma in arrivo La BCE ha confermato la sua guidance sul bilancio alla riunione di settembre, indicando la sua intenzione di reinvestire il capitale rimborsato per i titoli in scadenza nell’ambito del programma PEPP sino almeno alla fine del 2024. I reinvestimenti flessibili nell’ambito del PEPP rimangono la prima linea di difesa contro il rischio di frammentazione, ovvero la possibilità che i rendimenti dei diversi titoli sovrani dei paesi dell’Area Euro varino o rispondano in modo differente alla politica della BCE, il che può destabilizzare i mercati. Tuttavia, crediamo che la BCE stia mirando a una riduzione anticipata dei reinvestimenti nell’ambito del PEPP, potenzialmente già quest’anno. Oltre al fatto che le considerazioni legate alla pandemia stanno diventando meno prevalenti, i programmi di ridotte emissioni di titoli di debito da parte dei governi nella seconda metà dell’anno, curve piatte per i rendimenti dei titoli sovrani e spread stabili per i titoli governativi, sono tutti fattori che depongono a favore di un’ulteriore normalizzazione del bilancio della banca centrale. Sia per l’APP che per il PEPP, non prevediamo che la BCE escluda le vendite di titoli, ma immaginiamo una riduzione graduale e passiva in modo ordinato dei reinvestimenti. Non ci aspettiamo che la BCE in tempi brevi incrementi il coefficiente di riserva minima obbligatoria delle banche dall’attuale 1%. Il fondamento logico dei requisiti di riserva minima è meno chiaro in un contesto di ampio eccesso di liquidità e una tale mossa potrebbe sollevare interrogativi sugli obiettivi della funzione di reazione dell’Eurosistema in relazione a profitti e perdite della banca centrale. La BCE potrebbe anche decidere di rivedere al ribasso la sua guidance riguardo alla remunerazione dei depositi dei governi nazionali dall’attuale tetto pari allo euro short-term rate (€STR) meno 20 punti base, per incoraggiare la riduzione di questi depositi. La Bundesbank ha di recente deciso di remunerarli allo 0%, osservando che non soddisfano una funzione di politica monetaria autonoma. Ad ogni modo, pensiamo che né un’eventuale decisione di aumentare il coefficiente di riserva minima obbligatoria né un’eventuale scelta di abbassare ulteriormente il tetto per la remunerazione dei depositi dei governi avrebbe ripercussioni durature sui mercati monetari europei.
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