Blog L’andamento dei prezzi al consumo negli Stati Uniti ad ottobre aumenta la pressione sulla Fed L’inflazione più vigorosa del previsto a ottobre negli Stati Uniti potrebbe indurre la Federal Reserve a valutare di accelerare il ritmo di riduzione degli acquisti di titoli e anticipare la data di aumento dei tassi.
L’ inflazione nuovamente più sostenuta del previsto rilevata dall’indice dei prezzi al consumo (indice CPI) a ottobre negli Stati Uniti lascia fortemente presagire che i funzionari della banca centrale a stelle e strisce possano prevedere una data anticipata di rialzo dei tassi ufficiali per contrastare il rischio di accelerazione delle aspettative d’inflazione di lungo termine a seguito delle pressioni inflazionistiche e dell’incertezza che ne deriva per l’economia. Dopo questi ultimi dati sull’inflazione crediamo che nelle proiezioni aggiornate che la Fed pubblicherà a dicembre il valore mediano delle previsioni potrebbe indicare due aumenti dei tassi nel 2022 e da tre a quattro rialzi nel 2023. Il rapporto sull’andamento dell’indice dei prezzi al consumo (indice CPI) per il mese di ottobre rivela rincari dei prezzi superiori alle attese per una vasta gamma di beni al dettaglio a seguito dell’anticipazione degli acquisti natalizi nonché un’accelerazione più sostenuta del previsto degli aumenti delle spese per l’alloggio negli ultimi due mesi. All’inflazione più elevata hanno inoltre contribuito anche il protrarsi delle strozzature nella logistica e la domanda di automobili. Analisi del rapporto sull’andamento dei prezzi al consumo (indice CPI) Negli Stati Uniti, a ottobre la componente di fondo dell’indice dei prezzi al consumo (indice CPI) ha registrato un incremento superiore alle stime di consenso e pari allo 0,6% rispetto al mese precedente (m/m). In particolare, gli affitti e l’equivalente dell’affitto per i proprietari di immobili sono aumentati dello 0,4% rispetto al mese precedente registrando una crescita di ritmo analogo a quello di settembre ma che a ottobre appare più diffusa nelle diverse zone geografiche del paese e in contesti con diversa densità di popolazione (aree urbane e rurali). In generale, il maggior vigore dell’economia, i più alti tassi di interesse, i prezzi più elevati degli immobili nonché la minore disoccupazione sono tutti fattori che hanno contribuito alla ripresa dell’inflazione nella componente delle spese per l’alloggio dopo la fiacchezza indotta dalla recessione. La rilevazione di ottobre suggerisce che i rincari degli affitti potrebbero accelerare più rapidamente del previsto a un ritmo superiore a quello prevalente prima della recessione. Riguardo alle altre componenti del CPI, quella dei beni al dettaglio a ottobre ha registrato un deciso aumento dello 0,7% rispetto al mese precedente e in linea con altri indicatori economici rilevati con elevata frequenza. Pare che i servizi sui media che hanno avvisato di possibili scaffali vuoti nel periodo dello shopping natalizio abbiano influenzato i consumatori negli acquisti. La domanda robusta e scorte di beni al dettaglio già al lumicino hanno prodotto aumenti dei prezzi di beni come i mobili (+0,8% m/m) e gli articoli ricreativi (+0,4% m/m) in particolare. C’è stata inoltre una nuova accelerazione dei prezzi delle auto. A ottobre i prezzi delle auto usate sono rimbalzati del 2,5% rispetto al mese precedente dopo due mesi di calo. Benché i dati di settore indichino che la ricostituzione delle scorte sia stata superiore per le auto usate rispetto a quelle nuove la necessità di sostituire le auto danneggiate dall’uragano Ida in un momento in cui le scorte di auto nuove erano già molto scarse ha nuovamente fatto crescere i prezzi dell’usato che prevediamo continueranno a salire da qui a fine anno prima di scendere l’anno prossimo. Al contempo, con scorte prossime ai minimi storici, anche i prezzi delle auto nuove hanno registrato un robusto rincaro dell’1,4% rispetto al mese precedente. Tra le notizie positive, i commenti sugli utili del terzo trimestre di diverse case automobilistiche indicano che il peggio potrebbe essere alle spalle riguardo alla carenza di semiconduttori e che il graduale miglioramento delle scorte nei prossimi trimestri dovrebbe agevolare la normalizzazione dei prezzi delle auto nuove nel 2022. Infine, nonostante la flessione dei contagi da COVID-19 nell’ultimo mese negli Stati Uniti, il rapporto sui prezzi al consumo mostra dati divergenti nei settori dei servizi sensibili alla pandemia. I prezzi degli hotel sono rimbalzati (+1,5% m/m) come era atteso dopo due mesi consecutivi di calo mentre le tariffe aeree sono diminuite per il quarto mese consecutivo (−0,7% m/m). Benché le compagnie aeree in generale abbiano registrato utili superiori alle attese nel terzo trimestre e prevedano una robusta stagione per le festività, la debolezza sul fronte dei prezzi potrebbe indicare che il calo dipenda dal diverso mix di passeggeri. La seconda metà dell’anno è in genere il periodo di maggiore presenza sui voli di chi viaggia per affari, che tende a scegliere tariffe più elevate, e parte della fiacchezza su questo fronte potrebbe essere dovuta al protrarsi dello smart working a causa della variante Delta. Implicazioni per la politica monetaria della Fed Nel complesso, il rapporto sull’andamento dei prezzi al consumo a ottobre negli Stati Uniti conferma che la Fed si trova in posizione scomoda. Ci aspettavamo che i prossimi mesi sarebbero stati difficili da gestire per la Fed, ma i rincari dei prezzi più robusti del previsto a ottobre, specialmente nelle componenti più vischiose della categoria delle spese per l’alloggio, lasciano intuire che Fed rivedrà nuovamente le previsioni d'inflazione e di traiettoria dei tassi nel documento di sintesi delle proiezioni economiche (SEP) a dicembre. Prevediamo che il valore mediano delle previsioni aggiornate della Fed implichi due aumenti dei tassi nel 2022 (e altri tre o quattro rialzi nel 2023) il che suggerisce che la Fed probabilmente comincerà ad innalzare i tassi subito dopo la fine degli acquisti di obbligazioni. Per ora ci aspettiamo che la riduzione degli acquisti continui al ritmo mensile di 10 miliardi di Dollari per i Treasury americani e di 5 miliardi di Dollari per gli MBS delle agenzie federali. Non saremmo tuttavia sorpresi di osservare maggiori sollecitazioni per la Fed ad accelerare il tapering a gennaio, quando dovrà annunciarne l’andamento Tiffany Wilding, economista per il Nord America, contribuisce regolarmente al Blog di PIMCO.
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